Psicomotricità e Judo

A cura di:  Associazione Judo Ravenna

L’attività del Judo che ci proponiamo di insegnare ai ragazzi portatori di handicap psichico, deve essere intesa non solo come pratica sportiva, ma come metodo educativo, formativo e riabilitativo dell’individuo.

Per impostare un buon programma riabilitativo bisogna soprattutto tentare di evocare tutte le potenzialità residue di un individuo ai fini della massima realizzazione della sua autonomia fisica, psichica e sociale.

Se siete interessati alla nostra attività vi preghiamo innanzitutto di leggere lo statuto dell’associazione che vi illustrerà in dettaglio gli aspetti organizzativi e gli scopi del Centro

Poiché le potenzialità residue di un individuo non coincidono affatto con la valutazione diagnostica del danno primario e neppure con la valutazione del tipo e del grado di disabilità, intesa come perdita di funzione e/o del deficit di sviluppo, ci siamo proposti innanzitutto un fine psicologico e psicomotorio, applicando tutte le tecniche di addestramento attivo, atte a sviluppare l’interiorizzazione del movimento e regolarizzare ed armonizzare lo sviluppo motorio, intellettivo ed affettivo; ma anche un fine pedagogico nel senso della sollecitazione delle possibilità individuali riguardo all’autonomia, alla socializzazione, all’apprendimento.

Occorre cioè arrivare a guidare, senza reprimere, la progressiva capacità di rapportarsi con l’ambiente perché il corpo possa esprimere tutta la sua originaria significatività cognitiva e relazionale in una situazione di libertà spazio – temporale ed affettiva.

Tutto questo può essere raggiunto attraverso l’organizzazione e la strutturazione dello schema corporeo attraverso tecniche di rilassamento, il controllo della respirazione, della postura e dell’equilibrio generale e attraverso la coordinazione oculo-manuale, l’armonizzazione della lateralità, ecc.

A seconda del livello di ritardo o di arresto dello sviluppo psicomotorio, noi seguiamo tecniche di rieducazione atte ad attuare il controllo del proprio corpo nello spazio e nel tempo, la coscienza e la conoscenza di sé, del mondo degli oggetti e degli altri, la capacità di relazionarsi con questo mondo in piena autonomia, le varie possibilità di apprendimento.
A seconda del livello psicomotorio, le tecniche avranno una finalità più significativamente terapeutica (ad esempio l’armonizzazione della lateralità).

Diamo importanza, oltre all’educazione del movimento, all’educazione attraverso il rilassamento che è la base corporea della fiducia in sé e della relazione con l’altro.

Nella pratica la rieducazione psicomotoria da noi iniziata, si realizza attraverso questi punti fondamentali:

  1. SCHEMA CORPOREO
  2. COORDINAZIONE ED EQUILIBRIO
  3. RILASSAMENTO
  4. ADATTAMENTO AL TEMPO (RITMO)
  5. STRUTTURAZIONE SPAZIALE

SCHEMA CORPOREO
Per l’acquisizione dello  SCHEMA CORPOREO  procediamo attraverso due tappe: 

  • 1^ TAPPA: percezione globale del corpo, della sua unità, della sua posizione nello spazio.
    Tale scopo lo otteniamo concretamente ponendo il ragazzo in “situazioni corporee” (precisate verbalmente ed associate a determinate sensazioni globali) le quali consistono:

    1. posizioni: da assumere col corpo (in piedi – seduto – disteso ecc.) a ognuna delle quali deve corrispondere una immagine verbalmente chiara con esempi tratti dalla vita corrente e la cui integrazione deve essere facilitata con l’introduzione di varianti e di nuove precisazioni (es. star sulle punte dei piedi facendosi grande grande).
    2. Spostamenti del corpo di cui il ragazzo prende coscienza attraverso:
      • il contrasto spostamento- arresto
      • le variazioni di tempo nello spostamento
      • le modificazioni dell’appoggio al suolo
      • le variazioni possibili della corsa, del cammino quadrupedale, dello striscio, del salto ecc.
  • 2^ TAPPA studio dei rapporti spaziali: per permettere al ragazzo di differenziare le posizioni e i movimenti dei singoli arti; si raggiunge questo scopo partendo da esperienze motorie percettive ed esterocettive; ciò spiega l’importanza del fatto che proprio attraverso il linguaggio e l’uso dello specchio il ragazzo assimila e definisce:
    • i dati che riguardano il corpo nello spazio (davanti, dietro)
    • i principali riferimenti corporei (segmenti, articolazioni)
    • le posizioni relative dei segmenti rispetto al corpo.

Si giunge così alla:

  1. presa di coscienza dello spazio gestuale attraverso diverse posizioni segmentarie realizzate in diverse posture, (es. posizioni orizzontali e verticali delle braccia in stazione eretta, posizione delle gambe, variazione degli appoggi, ecc.)
  2. conoscenza corporea che si articola in questi punti: individuazione dell’asse corporeo sempre attraverso il manuale e le azioni personali sul proprio corpo con discriminazione destra sinistra, effettuabile solo quando il ragazzo ha raggiunto e superato gli stadi precedenti.

COORDINAZIONE ED EQUILIBRIO
Altrettanto importanti e significativi sono gli esercizi sulla COORDINAZIONE che si eseguono con lo stesso criterio attuato per lo schema corporeo, alla cui elaborazione contribuiscono, facendo appello all’interiorizzazione e all’organizzazione mentale.

Parallelamente ad esso infatti si inizia con azioni globali e spontanee per giungere in seguito ad aspetti più analitici. Bisogna raggiungere:

  1. Perfezionamento degli automatismi, attraverso la marcia e la corsa, esercizi peraltro già eseguiti per lo schema corporeo. Ora si richiede un’esecuzione più precisa, facendo porre l’attenzione sulle singole situazioni corporee nella corsa e nella marcia. Utili sempre a questo scopo, la marcia quadrupedale, lo striscio, esercizi già noti, il cui movimento viene scomposto in un ritmo lento, in modo da attirare l’attenzione del ragazzo sulle diverse fasi dell’esercizio con automatizzazione progressiva e presa di coscienza delle variazioni possibili. Col salto, si richiede al ragazzo un’esecuzione qualitativamente più attenta di esercizi sempre più complessi (es. saltare una corda tesa facendo poco rumore, ecc.)
  2. L’equilibrio: l’equilibrio dinamico spontaneo che si realizza utilizzando gli esercizi or ora descritti ( marcia, salti, ecc. ). Importante l’equilibrio al suolo (equilibrio sulla punta dei piedi, appoggio su un solo piede, ecc.), esercizi che via via si possono rendere più complessi associandoli a movimenti degli arti superiori (esercizi di controllo del corpo) e alla chiusura degli occhi se si eliminano le eventuali cause di apprensività del soggetto.
  3. Giochi ed esercizi di destrezza. Contribuiscono all’educazione dei riflessi, dei controlli, e dell’economia dello sforzo, inducono un’aggiustamento dinamico continuo del corpo durante l’azione e portano il ragazzo a pensare al suo corpo come un’entità inserita non solo nello spazio, ma anche nel tempo, perchè attraverso l’acquisizione di questo ultimo dato il gioco riesce senza errori e quindi senza sconfitte psicologiche.

Abbiamo fatto eseguire ad esempio, giochi con palla e cerchi. Materiale diverso per volume, peso, consistenza ecc. permette un progressivo adattamento degli esercizi alle possibilità reali del ragazzo; questa progressività è, però, anche determinata dalla complessità dell’esercizio, dalla variabilità dei fattori temporali, spaziali e dinamici (velocità, distanza, forza, ecc.).

Gli esercizi permettono di acquisire successivamente: la padronanza del meccanismo del gioco, la padronanza del corpo e dello spazio gestuale (passaggi della palla da una mano all’altra, lancio a destra ruotando il tronco ecc.).

L’adattamento allo spazio e al movimento (es: tirarsi la palla mentre si gira in cerchio, ecc.), la coordinazione dei movimenti (es. far rimbalzare la palla mentre si salgono e scendono i gradini, fare lo stesso in ginocchio).

Oltre ai giochi con palle e cerchi, insegniamo il gioco del salto con la corda.

All’inizio è l’educatore che fa girare la corda, fissata ad una estremità, adattandosi alle possibilità del ragazzo, in seguito è il ragazzo stesso che previene il passaggio della corda con spostamenti del corpo. Infine saranno i ragazzi a tenere l’estremità della corda, azione quest’ultima fonte di ulteriore apprendimento.


RILASSAMENTO
Oltre agli esercizi sulla coordinazione, ne abbiamo introdotti altri non meno importanti di RILASSAMENTO.

Questi favoriscono infatti l’affinamento del gesto sopprimendo tensioni muscolari superflue e facilitano l’elaborazione dell’immagine corporea.


ADATTAMENTO AL TEMPO (RITMO)
Raggiunto un certo grado di padronanza del proprio corpo anche attraverso le diverse tecniche di rilassamento, l’interpretazione del ritmo (altra tappa molto importante) avviene spontaneamente. Ma occorre procedere ugualmente gradatamente per evitare disorganizzazioni e sconfitte. Ogni esercizio deve essere presentato in forma verbale e codificata. Si inizia quindi un lavoro preparatorio per acquisire nozioni di ritmo e andatura (accelerazioni e rallentamenti, tempi, veloci e lenti, ritmi regolari e irregolari e loro simbolizzazioni con battute deboli, medie, accentuate ecc..) Si procede poi con l’introduzione di ritmi più complessi presentati sia in modo verbale, sia sotto forma di consegne codificate (marce, arresti, battute di mani e di piedi, associazione dei propri  movimenti ritmici a quelli del compagno ecc…).


STRUTTURAZIONE SPAZIALE
Fondamentale è anche l’acquisizione della STRUTTURAZIONE SPAZIALE.

Le nozioni spaziali (alto-basso, destra-sinistra, dentro-fuori, avanti-indietro), già utilizzate in molti esercizi precedenti, vengono ora integrate attraverso la sperimentazione personale, che fa prendere coscienza dei rapporti spazio-tempo, pensiero-azione, se stesso-altri e dei concetti tipo: disposizione dello spazio, distanza, anticipazione, ecc…

E’ infatti proprio attraverso il contatto personale e cosciente con la realtà, che il ragazzo si svincola dal suo egocentrismo e giunge a considerare quelli degli altri. E’ di fondamentale importanza curare proprio l’aspetto relazionale favorendo l’inserimento del ragazzo all’interno del gruppo cercando di conquistare la fiducia già dal primo incontro, premesse queste ultime indispensabili per ottenere risultati concreti e collaborazione. Azioni immaginate o giocate, quali girotondi, scenette, semplici esercizi, aiutano all’inserimento nel mondo degli altri ragazzi e soprattutto il judo, stimolando la competizione, ci aiuta ad ottenere l’impegno e la collaborazione del singolo.

Il gioco diventa un mezzo di espressione globale, sia corporea che verbale, che permette all’immaginazione e alla creatività del ragazzo di sbrigliarsi.

Siamo infatti spesso ricorsi al gioco per interessare i più pigri per invitare alla collaborazione e alla socializzazione, fino ad ottenere gradualmente la strutturazione del gruppo.

Questa strutturazione progressiva del gruppo e il suo funzionamento sono strettamente legati alla presenza di un valido istruttore che sappia contemporaneamente interessare ed ascoltare il ragazzo e il gruppo, ma anche mettersi da parte per permettere a ciascuno di vivere pienamente la sua azione nel corso delle differenti situazioni educative. Il judo offre la possibilità di costruire sia momenti di lavoro a corpo libero, che attività di stretto contatto fisico con gli altri, permettendo di graduare attentamente le difficoltà che possono nascere da un contatto ravvicinato in cui sia in gioco quello spazio di rispetto e di difesa che normalmente è presente in tutti, ma che in certe persone può assumere una dimensione talmente ampia da inibire la relazione. Nel judo il gruppo è fondamentale, non è più il semplice tollerare altre presenze, ma vi è un rapporto attivo di identificazioni, di aiuto e partecipazione ad una funzione collettiva. E’ questa funzione del gruppo che permette di toccare ed essere toccati, di agire in qualche modo sul corpo degli altri e tollerare che lo si faccia al proprio.

Articolo originale:  http://www.judoravenna.it/psicojudo.html

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